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A Helsingør è stato sospeso l’uso dei Chromebook nelle scuole: alla base di questa decisione c’è un problema sul trattamento dei dati degli studenti.
La vicenda ha avuto luogo nell’agosto del 2019, precisamente quando un bambino di otto anni si è rivolto al padre con un problema. Uno dei suoi compagni di classe aveva utilizzato il suo account YouTube per scrivere un commento esplicito sotto il video di un’altra persona, e il bambino era molto spaventato per le possibili conseguenze.
Suo padre, cioè Jesper Graugaard, era confuso poiché non aveva creato un account YouTube per il figlio e non aveva dato alla scuola il permesso di crearne uno. Quando l’uomo si è reso conto che il bambino aveva un profilo che riportava pubblicamente il suo nome, la scuola e la classe, ha contattato immediatamente la scuola per risolvere.
Il personale scolastico ha cercato di attribuire il problema a dei filtri privati e sosteneva che potesse essere facilmente risolto. Google, invece, ha rifiutato di commentare i dettagli di questo caso, ma ha fatto sapere che il personale informatico delle scuole è di solito responsabile dei servizi della società a cui possono accedere gli studenti.
Tuttavia il padre non si è sentito rassicurato. L’uomo, che non era mai stato coinvolto in alcun tipo di attivismo, ha intrapreso una campagna di tre anni per risolvere quello che considerava un grave difetto nel rapporto tra il sistema scolastico pubblico danese e Google. Infatti, Il divieto è stato imposto in parte perché l’autorità per la protezione dei dati danese ha scoperto che il comune della Danimarca non ha mai effettuato una valutazione completa dei rischi dei prodotti scolastici di Google prima di utilizzarli.
A quel tempo le scuole erano piombate nel caos a causa dell’impossibilità di usare i servizi di Google, ma hanno avuto una tregua l’8 settembre proprio quando il divieto è stato sospeso per due mesi, permettendo agli studenti di continuare a utilizzare i loro Chromebook mentre la Danimarca e Google negoziavano le prossime mosse.
Spetta al Paese, dunque, convincere Google a modificare i suoi prodotti per renderli conformi al GDPR. Attualmente la società ci fa sapere in merito che: “Stiamo lavorando con il comune di Helsingør per rispondere alle domande, migliorare le impostazioni tecniche e condividere le migliori pratiche di altre scuole europee che hanno effettuato valutazioni del rischio e utilizzano i nostri prodotti”.
Concludiamo con una dura dichiarazione da parte di Graugaard, che ci spiega quali sono le sue paure: “Il mio timore era che, quando iscrivo un bambino alla scuola pubblica, i dati personali privati non vengano resi pubblici senza il mio consenso. Tutto ciò che (i bambini, nda) fanno a scuola è nel cloud, tramite Workspace, il che significa che tutto ciò che scrivono nella loro macchina viene inviato a Google. Abbiamo dato a Google l’accesso a un’intera generazione”.
© 𝗯𝘆 𝗔𝗻𝘁𝗼𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗖𝗮𝗺𝗶𝗹𝗼𝘁𝘁𝗼
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