Social Network: i ragazzi non dichiarano la propria età. Un fenomeno in crescita tra rischi e zone grigie digitali

Nel mondo iperconnesso dei social network, dove l'identità digitale ha un peso sempre più rilevante, cresce un fenomeno preoccupante: un numero crescente di adolescenti e preadolescenti omette o falsifica la propria età per accedere a piattaforme pensate per un pubblico più maturo. Una pratica tanto diffusa quanto sottovalutata, che solleva interrogativi urgenti su privacy, sicurezza e responsabilità delle piattaforme.
Secondo recenti studi europei e report di associazioni per la tutela dei minori, oltre il 40% dei ragazzi tra gli 11 e i 13 anni sarebbe iscritto ad almeno un social network nonostante l’età minima ufficiale di accesso — generalmente fissata a 13 anni secondo le policy di alcuni social. Ma non è raro che anche bambini più piccoli, con la complicità o l’ignara supervisione dei genitori, superino i controlli grazie a una semplice dichiarazione d’età falsa.
L’età come barriera formale (ma non reale)
Il requisito anagrafico è, di fatto, facilmente aggirabile. Basta inserire una data di nascita diversa, e l’iscrizione va a buon fine senza ulteriori verifiche. Le piattaforme si affidano al principio dell'autodichiarazione, scaricando implicitamente la responsabilità sugli utenti e sulle famiglie. I sistemi di verifica automatica, laddove esistono, sono ancora rudimentali e non sempre attivi in tutti i Paesi.
«I social hanno poco interesse a bloccare iscrizioni che generano traffico e dati. E intanto, i più giovani si muovono in uno spazio digitale senza reale tutela».
I rischi nascosti dietro un clic
L'ingresso precoce nei social espone i minori a contenuti non adatti alla loro età, a dinamiche di pressione sociale, cyberbullismo e, nei casi peggiori, al contatto con adulti malintenzionati. Il tutto in un contesto in cui i ragazzi spesso non hanno ancora sviluppato gli strumenti critici per gestire la propria presenza online in modo consapevole.
La mancanza di dichiarazione dell’età reale, inoltre, impedisce agli algoritmi delle piattaforme di attivare eventuali misure di protezione pensate per i minori: limitazione della pubblicità mirata, visibilità del profilo, possibilità di ricevere messaggi da sconosciuti.
Famiglie e scuole: i primi argini
Il ruolo della famiglia e della scuola è fondamentale. Non si tratta solo di impedire l’accesso precoce ai social, ma di accompagnare i ragazzi nell’uso corretto e consapevole degli strumenti digitali.
«Serve educazione digitale, non proibizionismo. I ragazzi devono essere messi nelle condizioni di comprendere i rischi e le potenzialità del mondo online».
Un futuro tra regolamenti e intelligenza artificiale?
Nel frattempo, si moltiplicano le iniziative legislative per rafforzare la protezione dei minori in rete. Il Digital Services Act europeo impone maggiore trasparenza e responsabilità alle piattaforme, mentre alcune aziende stanno sperimentando sistemi basati su intelligenza artificiale per riconoscere l’età reale degli utenti, ad esempio attraverso l’analisi del volto o del comportamento online.
Ma la questione rimane aperta: tra l’esigenza di tutelare e il rispetto della privacy, tra libertà di espressione e controllo, l’età digitale resta una frontiera sfumata. E mentre gli adulti discutono, i ragazzi continuano a navigare. Spesso da soli.
© 𝗯𝘆 𝗔𝗻𝘁𝗼𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗖𝗮𝗺𝗶𝗹𝗼𝘁𝘁𝗼
Tutti i diritti riservati | All rights reserved
Informazioni Legali
I testi, le informazioni e gli altri dati pubblicati in questo sito nonché i link ad altri siti presenti sul web hanno esclusivamente scopo informativo e non assumono alcun carattere di ufficialità.
Non si assume alcuna responsabilità per eventuali errori od omissioni di qualsiasi tipo e per qualunque tipo di danno diretto, indiretto o accidentale derivante dalla lettura o dall'impiego delle informazioni pubblicate, o di qualsiasi forma di contenuto presente nel sito o per l'accesso o l'uso del materiale contenuto in altri siti.





