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86-DOS, l'antenato di MS-DOS

by Antonello Camilotto

Negli anni '80, il panorama dei personal computer stava rapidamente evolvendo. In questo contesto di rapidi cambiamenti e innovazioni, nacque un sistema operativo che avrebbe posto le basi per uno dei software più influenti nella storia dell'informatica: 86-DOS. Questo sistema operativo è spesso ricordato come il predecessore diretto di MS-DOS, il quale a sua volta ha svolto un ruolo cruciale nel successo di Microsoft e nella diffusione dei PC IBM compatibili.


La Nascita di 86-DOS


86-DOS, inizialmente conosciuto come QDOS (Quick and Dirty Operating System), fu sviluppato da Tim Paterson della Seattle Computer Products (SCP) nel 1980. SCP era un'azienda produttrice di hardware che, all'epoca, cercava un sistema operativo per il suo nuovo microprocessore Intel 8086. A causa di ritardi nella consegna del CP/M-86, il sistema operativo più popolare per i microcomputer di allora, SCP decise di sviluppare un proprio sistema operativo.


Caratteristiche Tecniche


86-DOS era un sistema operativo a singolo utente e a singolo task, progettato per essere compatibile con l'Intel 8086. Le principali caratteristiche di 86-DOS includevano:


1. File System: Utilizzava un file system basato su FAT (File Allocation Table), che era semplice e efficiente per la gestione dei file su disco.

2. Interfaccia a Linea di Comando: Simile al CP/M, 86-DOS offriva una interfaccia a linea di comando che permetteva agli utenti di eseguire comandi per gestire file e programmi.

3. Compatibilità con CP/M: 86-DOS era in gran parte compatibile con il CP/M, il che facilitava la portabilità delle applicazioni esistenti.


L'Interesse di Microsoft


Nel 1980, IBM stava sviluppando il suo primo personal computer, l'IBM PC. IBM aveva bisogno di un sistema operativo e si rivolse a Microsoft per ottenere CP/M-86. Tuttavia, Microsoft non riuscì a raggiungere un accordo con Digital Research, il creatore di CP/M. Bill Gates, co-fondatore di Microsoft, vide un'opportunità in 86-DOS e negoziò con SCP per acquisire i diritti di licenza esclusiva.


La Trasformazione in MS-DOS


Microsoft acquistò i diritti di 86-DOS per una somma relativamente modesta e apportò alcune modifiche, ribattezzandolo MS-DOS (Microsoft Disk Operating System). Questo sistema operativo fu poi licenziato a IBM come PC-DOS, ed entrambi i sistemi, PC-DOS e MS-DOS, divennero i pilastri del successo del PC IBM. Grazie a MS-DOS, Microsoft divenne una delle aziende tecnologiche più potenti e influenti al mondo.


L'Eredità di 86-DOS


Sebbene 86-DOS sia stato rapidamente oscurato dal successo di MS-DOS, il suo impatto sulla storia dell'informatica è innegabile. 86-DOS rappresenta un momento cruciale nella transizione verso i personal computer moderni e il suo design ha influenzato molti aspetti dei successivi sistemi operativi.


86-DOS potrebbe non essere un nome familiare come MS-DOS, ma la sua importanza storica è enorme. Fu il primo passo verso la standardizzazione dei sistemi operativi per i personal computer e giocò un ruolo fondamentale nella crescita di Microsoft. Questo sistema operativo, sviluppato in risposta a una necessità immediata, dimostra come l'innovazione e la rapidità di adattamento possano cambiare il corso della storia tecnologica.


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Autore: by Antonello Camilotto 23 gennaio 2025
Anche il mondo digitale ha un’impronta ecologica, e le e-mail, apparentemente immateriali, contribuiscono all’inquinamento globale. Perché le e-mail inquinano? Ogni e-mail inviata richiede energia per essere generata, trasmessa, immagazzinata e letta. Questo processo coinvolge una complessa infrastruttura composta da: Server e data center : Questi impianti consumano enormi quantità di elettricità per alimentare le macchine e mantenerle refrigerate. Dispositivi elettronici : L’energia consumata da computer, smartphone e tablet per scrivere, inviare e leggere e-mail contribuisce anch’essa all’impatto. Trasmissione dati : La rete internet richiede energia per trasferire i dati da un dispositivo all’altro. Sebbene l’impatto di una singola e-mail possa sembrare trascurabile, il volume totale di messaggi inviati quotidianamente a livello globale è impressionante. Secondo dati recenti, si stima che ogni giorno vengano inviate oltre 300 miliardi di e-mail, un numero in costante crescita. L’impronta di carbonio delle e-mail Uno studio del 2019 condotto da Mike Berners-Lee ha stimato che una semplice e-mail senza allegati genera in media 0,3 grammi di COโ‚‚, mentre un messaggio con allegati più pesanti può arrivare a 50 grammi di COโ‚‚ o più. Messaggi inutili, come le newsletter o lo spam, accumulano emissioni significative a causa del loro volume. Per mettere questi numeri in prospettiva: 10 e-mail inviate al giorno per un anno possono produrre circa 1,2 chilogrammi di COโ‚‚, equivalenti all’energia consumata da una lampadina a LED accesa per 24 ore. Un allegato di grandi dimensioni inviato a più destinatari può generare emissioni paragonabili a un breve viaggio in auto. Le e-mail "invisibili" e il problema dell'archiviazione Un’altra fonte di inquinamento poco considerata è lo spazio occupato dalle e-mail archiviate nei server. Anche i messaggi non letti o conservati per anni consumano energia, poiché i server devono rimanere operativi e accessibili. Pulire periodicamente la propria casella di posta può aiutare a ridurre questo impatto. Come ridurre l’impatto delle e-mail Pur essendo difficile eliminare completamente l’inquinamento legato alle e-mail, esistono accorgimenti utili per ridurlo: Essere selettivi : Inviare e-mail solo quando necessario e ridurre il numero di destinatari. Ottimizzare i contenuti : Evitare allegati pesanti, optando per link o file compressi. Pulire la casella di posta: Eliminare e-mail vecchie, spam e messaggi inutili. Iscrizioni consapevoli : Cancellarsi da newsletter non rilevanti per ridurre il traffico non necessario. Scegliere provider sostenibili : Alcuni servizi e-mail utilizzano data center alimentati da fonti rinnovabili. Le e-mail rappresentano una parte inevitabile della comunicazione moderna, ma il loro impatto ambientale non dovrebbe essere sottovalutato. Con piccoli gesti e un uso più consapevole, possiamo contribuire a ridurre l’impronta ecologica di questa tecnologia, facendo un passo avanti verso un futuro digitale più sostenibile.
Autore: by Antonello Camilotto 23 gennaio 2025
Joseph Popp è una figura peculiare nella storia della sicurezza informatica. Negli anni ’80, il suo nome è diventato famoso per essere legato al primo attacco ransomware documentato, conosciuto come AIDS Trojan o PC Cyborg Virus . Questo evento ha segnato un punto di svolta nella storia dei crimini informatici, portando alla luce una nuova minaccia che sarebbe diventata sempre più sofisticata nel corso dei decenni successivi. Chi era Joseph Popp? Joseph L. Popp, nato negli Stati Uniti nel 1950, era un biologo evolutivo con un dottorato in zoologia presso la Harvard University. La sua carriera accademica e professionale si concentrava principalmente su studi legati alla biologia e alla conservazione ambientale. Tuttavia, nonostante la sua formazione in un campo apparentemente lontano dall’informatica, Popp si avventurò nel mondo della tecnologia in modi che avrebbero avuto ripercussioni globali. Popp, descritto da molti come un uomo eccentrico e brillante, era noto per il suo interesse nel combinare la scienza e l’etica. Tuttavia, nel 1989, il suo nome divenne sinonimo di uno dei primi esempi di crimine informatico moderno. Il ransomware AIDS Trojan Nel dicembre 1989, Joseph Popp inviò circa 20.000 floppy disk a partecipanti di una conferenza internazionale sull’AIDS, organizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. I dischi contenevano un software apparentemente utile chiamato “AIDS Information Introductory Diskette”. Secondo Popp, il software avrebbe aiutato gli utenti a calcolare il rischio di contrarre l’HIV. Tuttavia, il programma nascondeva un’insidia. Dopo un certo numero di avvii del computer, il virus criptava i file e bloccava l’accesso al sistema. Sullo schermo compariva un messaggio che richiedeva il pagamento di 189 dollari per ottenere una “licenza software” e sbloccare il computer. Il pagamento doveva essere inviato a un indirizzo postale a Panama. Questo modus operandi segnò la nascita del ransomware, un tipo di malware progettato per estorcere denaro alle vittime. Le conseguenze legali Joseph Popp fu arrestato nel 1990, quando le autorità scoprirono il suo coinvolgimento nell’attacco. Tuttavia, il caso prese una svolta inaspettata: Popp fu dichiarato mentalmente instabile per affrontare il processo. Durante il suo arresto, mostrò un comportamento bizzarro, come indossare una parrucca di carta e dichiarare di voler donare i proventi dell’attacco alla ricerca sull’AIDS. Popp fu rilasciato senza subire conseguenze legali significative, ma il suo attacco rimase un punto di riferimento per la comunità informatica. Il ransomware AIDS Trojan è considerato il precursore di una lunga serie di malware che, nel tempo, sono diventati sempre più complessi e devastanti. L’impatto e l’eredità di Popp Nonostante la sua natura rudimentale, il ransomware di Popp pose le basi per una minaccia informatica globale. L’attacco mise in evidenza la vulnerabilità dei sistemi informatici e la necessità di adottare misure di sicurezza più avanzate. Oggi, il ransomware rappresenta una delle principali preoccupazioni per governi, aziende e privati, con attacchi che colpiscono quotidianamente milioni di utenti in tutto il mondo. La vicenda di Joseph Popp è un esempio di come le innovazioni tecnologiche possano essere sfruttate in modo distruttivo. Anche se Popp non ha mai affrontato pienamente le conseguenze delle sue azioni, il suo nome rimane indissolubilmente legato alla storia del crimine informatico.
Autore: by Antonello Camilotto 23 gennaio 2025
Conosciuto come uno dei padri delle reti neurali e del deep learning. Nato il 6 dicembre 1947 a Londra, Hinton ha rivoluzionato il campo dell'informatica e della scienza computazionale grazie al suo lavoro pionieristico, che ha posto le basi per molte delle tecnologie che utilizziamo oggi, dall'assistenza virtuale al riconoscimento vocale, fino all'analisi di grandi quantità di dati. Formazione e carriera accademica Hinton ha conseguito una laurea in psicologia sperimentale presso il King's College di Cambridge nel 1970 e un dottorato in intelligenza artificiale presso l'Università di Edimburgo nel 1978. La sua tesi di dottorato, incentrata su modelli computazionali del cervello umano, ha dato il via alla sua lunga esplorazione delle reti neurali, sistemi matematici ispirati al funzionamento biologico dei neuroni. Dopo aver lavorato in diverse istituzioni, Hinton si è trasferito in Canada, attratto dalla libertà di ricerca e dai finanziamenti disponibili. Qui è entrato a far parte dell'Università di Toronto, dove ha contribuito a fare della città un epicentro globale per la ricerca sull'intelligenza artificiale. Contributi alle reti neurali e al deep learning Negli anni '80, Hinton ha contribuito in modo determinante allo sviluppo del backpropagation, un algoritmo che permette alle reti neurali di "imparare" aggiustando i pesi dei collegamenti tra i neuroni. Sebbene inizialmente accolto con scetticismo, il lavoro di Hinton è stato in seguito riconosciuto come essenziale per il progresso dell'IA. Nel 2006, Hinton e i suoi collaboratori hanno introdotto il concetto di "deep learning", un approccio che utilizza reti neurali profonde con molti strati per elaborare dati complessi. Questa innovazione ha segnato una svolta epocale, permettendo lo sviluppo di tecnologie come le auto a guida autonoma, i traduttori automatici e i sistemi di riconoscimento facciale. La collaborazione con l'industria Nel 2012, il team di Hinton ha dimostrato il potenziale delle reti neurali profonde vincendo il concorso ImageNet, una competizione annuale di riconoscimento visivo. Questo successo ha catturato l'attenzione dell'industria tecnologica, portando Hinton a collaborare con Google nel 2013 come Distinguished Researcher. Presso Google Brain, ha contribuito a integrare l'apprendimento profondo nei prodotti commerciali. Riconoscimenti e premi Per i suoi straordinari contributi, Hinton ha ricevuto numerosi premi e onorificenze. Tra questi spicca il Premio Turing 2018, spesso definito il "Premio Nobel per l'informatica", assegnatogli insieme ai colleghi Yann LeCun e Yoshua Bengio per i progressi nel campo del deep learning. Le preoccupazioni sull'IA Negli ultimi anni, Hinton ha espresso preoccupazioni sui possibili rischi legati all'intelligenza artificiale. Ha avvertito che, se non regolata, l'IA potrebbe rappresentare una minaccia per l'umanità, sottolineando l'importanza di uno sviluppo responsabile e trasparente. Geoffrey Hinton rimane una figura centrale nel mondo dell'IA, un visionario che ha trasformato un'idea scientifica in una tecnologia rivoluzionaria. Il suo lavoro continua a ispirare ricercatori, aziende e innovatori, contribuendo a plasmare il futuro dell'umanità.
Autore: by Antonello Camilotto 23 gennaio 2025
Negli ultimi anni, l’attenzione verso la sicurezza online è aumentata in modo esponenziale, spinta da crescenti minacce informatiche, attacchi phishing e la complessità di gestire decine (se non centinaia) di password. In questo contesto si inserisce il concetto di Passkey, una tecnologia innovativa che mira a semplificare l'accesso ai servizi digitali eliminando del tutto la necessità di utilizzare le tradizionali password. Ma questa tecnologia è davvero sicura, o si limita a essere solo comoda? Cosa sono le Passkey? Le Passkey sono chiavi crittografiche basate su un sistema di autenticazione senza password (passwordless). Si tratta di una soluzione che sfrutta la crittografia asimmetrica per consentire l'accesso sicuro a un servizio digitale. Quando un utente si registra o accede a un servizio compatibile, viene generata una coppia di chiavi: Chiave privata : conservata in modo sicuro sul dispositivo dell’utente (ad esempio, uno smartphone o un computer). Chiave pubblica : memorizzata dal servizio o dal sito web. Durante il login, il dispositivo dell’utente utilizza la chiave privata per firmare una richiesta di autenticazione, che viene poi verificata dal servizio tramite la chiave pubblica. Per rendere l’esperienza ancora più fluida, le Passkey possono essere associate a metodi di autenticazione biometrica (come il riconoscimento facciale o l’impronta digitale) o a PIN locali. Un salto di qualità nella sicurezza? Dal punto di vista della sicurezza, le Passkey rappresentano un importante miglioramento rispetto alle tradizionali password. Ecco i principali vantaggi: Resistenza al phishing : Non essendoci password da digitare, le Passkey eliminano il rischio che gli utenti cadano vittime di attacchi di phishing. Anche se un utente fosse ingannato a visitare un sito falso, non ci sarebbe modo per un hacker di rubare la chiave privata, che rimane confinata sul dispositivo. Crittografia avanzata : Le Passkey si basano su standard di sicurezza avanzati, come il protocollo WebAuthn, che garantisce una protezione robusta contro i tentativi di intercettazione o compromissione dei dati. Eliminazione del riutilizzo delle password : Uno dei problemi più comuni con le password tradizionali è che molti utenti tendono a riutilizzarle su più piattaforme. Le Passkey, invece, sono uniche per ogni servizio, riducendo il rischio di attacchi a catena. Protezione contro attacchi brute force : Poiché non c’è una password da "indovinare", gli attacchi di forza bruta diventano inutili. Ma è davvero tutto rose e fiori? Nonostante i vantaggi innegabili, le Passkey non sono prive di criticità. Alcuni aspetti da considerare includono: Dipendenza dal dispositivo : Poiché la chiave privata è memorizzata sul dispositivo, la perdita dello stesso può rappresentare un problema. Tuttavia, molte piattaforme consentono di sincronizzare le Passkey su più dispositivi tramite cloud, mitigando questa difficoltà. Privacy e fiducia nel cloud : La sincronizzazione delle Passkey spesso richiede l’uso di servizi cloud (come iCloud di Apple o Google Password Manager). Questo solleva dubbi sulla privacy, poiché gli utenti devono affidarsi a questi provider per la sicurezza dei loro dati. Compatibilità limitata : Sebbene sempre più servizi stiano adottando le Passkey, la loro implementazione non è ancora universale. Questo significa che gli utenti potrebbero trovarsi a dover utilizzare un mix di metodi di autenticazione per diversi siti. Accessibilità e usabilità : Le Passkey richiedono dispositivi relativamente moderni e configurati correttamente. Questo potrebbe rappresentare una barriera per alcuni utenti, specialmente in contesti dove l’accesso alla tecnologia è limitato. Sicurezza o comodità? Perché non entrambi? Definire le Passkey solo "comode" sarebbe riduttivo, ma ignorare le sfide che comportano sarebbe altrettanto ingenuo. Questa tecnologia rappresenta un passo importante verso un mondo digitale più sicuro e accessibile, riducendo le vulnerabilità legate alle password tradizionali e offrendo un’esperienza utente più fluida. Tuttavia, il successo delle Passkey dipenderà dalla loro diffusione, dall’educazione degli utenti e dalla capacità dei provider di bilanciare sicurezza, privacy e usabilità. ๏ปฟ Le Passkey non sono solo una moda tecnologica, ma un'evoluzione naturale del modo in cui interagiamo con i servizi digitali. Che si tratti di sicurezza o comodità, una cosa è certa: stanno cambiando le regole del gioco. Che ne pensi di questa bozza? Vuoi approfondire un aspetto in particolare?
Autore: by Antonello Camilotto 23 gennaio 2025
Internet è oggi una presenza costante nella nostra vita quotidiana, ma la sua introduzione in Italia è stata un processo lungo e complesso che ha avuto inizio negli anni '80. Questo articolo ripercorre le tappe fondamentali che hanno portato alla nascita di Internet nel nostro Paese. Le Origini: ARPANET e le Prime Connessioni Per comprendere l'arrivo di Internet in Italia, è necessario fare un passo indietro e considerare lo sviluppo della rete a livello globale. ARPANET, la rete sperimentale sviluppata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti alla fine degli anni '60, è considerata l'antenata di Internet. ARPANET si basava sul protocollo TCP/IP, introdotto nel 1983, che avrebbe poi costituito la base della moderna rete Internet. In Italia, il primo passo verso l'adozione di Internet è avvenuto grazie agli sforzi di alcune università e centri di ricerca. Un ruolo cruciale è stato svolto dal CNUCE (Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico) di Pisa, che nel 1986 ha stabilito la prima connessione italiana alla rete ARPANET. 30 Aprile 1986: La Prima Connessione Italiana La data simbolica della nascita di Internet in Italia è il 30 aprile 1986. In quel giorno, il CNUCE di Pisa riuscì a collegarsi alla rete statunitense tramite un nodo situato presso l'Università della California a San Diego. Questo evento segnò la prima connessione TCP/IP tra l'Italia e gli Stati Uniti. Il collegamento fu reso possibile grazie a una linea telefonica dedicata a bassa velocità, capace di trasmettere dati a 64 kbps. Questo risultato è stato il frutto di un lungo lavoro di collaborazione tra ricercatori italiani e statunitensi, che condivisero conoscenze e tecnologie per superare le difficoltà tecniche e logistiche. Gli Anni '90: La Diffusione di Internet Dopo il successo del primo collegamento, la rete iniziò a espandersi gradualmente. Negli anni '90, con l'introduzione del World Wide Web (WWW) e la creazione dei primi browser come Mosaic, Internet divenne sempre più accessibile e attrattiva per il pubblico generale. In Italia, gli anni '90 furono caratterizzati dalla nascita dei primi provider di servizi Internet, come Video On Line, TIN (Telecom Italia Net) e altri. Questi fornitori iniziarono a offrire connessioni dial-up, consentendo a privati e aziende di accedere a Internet tramite la linea telefonica. L'Impatto Culturale ed Economico L'introduzione di Internet ha avuto un impatto rivoluzionario sulla società italiana. Ha trasformato il modo in cui le persone comunicano, lavorano e accedono alle informazioni. Negli anni 2000, con la diffusione della banda larga, la rete ha raggiunto un numero sempre maggiore di utenti, accelerando il processo di digitalizzazione del Paese. Dal punto di vista economico, Internet ha stimolato la nascita di nuove industrie, come l'e-commerce e i servizi digitali, creando opportunità per imprese e professionisti in settori innovativi. Internet è nata ufficialmente in Italia il 30 aprile 1986, grazie all'impegno di ricercatori visionari e alla collaborazione internazionale. Da allora, la rete è cresciuta fino a diventare una componente indispensabile della vita quotidiana. La sua storia nel nostro Paese è un esempio di come l'innovazione tecnologica possa aprire nuove strade e trasformare profondamente la società. ๏ปฟ
Autore: by Antonello Camilotto 23 gennaio 2025
Nel mondo della sicurezza informatica, il ransomware è ormai una delle minacce più temute, capace di paralizzare intere aziende, ospedali e infrastrutture critiche. Tuttavia, pochi sanno che questa tipologia di attacco ha origini molto più antiche di quanto si possa immaginare. Per scoprire le radici del ransomware dobbiamo tornare indietro nel tempo, fino al 1989, quando un floppy disk segnò la nascita di questa minaccia digitale. PC Cyborg: il primo ransomware Il primo ransomware documentato della storia si chiamava PC Cyborg ed è stato ideato da Joseph Popp, un biologo americano. A differenza degli attacchi sofisticati e globali che vediamo oggi, PC Cyborg era rudimentale, ma innovativo per l'epoca. Il ransomware veniva distribuito attraverso un floppy disk, un supporto allora diffusissimo, inviato per posta a oltre 20.000 destinatari, principalmente ricercatori e medici che partecipavano alla Conferenza Internazionale sull’AIDS. Il disco, apparentemente innocuo, conteneva un software per analizzare i fattori di rischio dell'AIDS. Tuttavia, una volta avviato, il programma nascondeva una trappola. Dopo 90 avvii del sistema operativo, PC Cyborg criptava i file del disco rigido e mostrava un messaggio in cui chiedeva il pagamento di un riscatto per "riottenere" l'accesso ai propri dati. Il riscatto, pari a 189 dollari, doveva essere inviato a un conto bancario a Panama. Il meccanismo dietro l'attacco PC Cyborg utilizzava una tecnica rudimentale di crittografia. Non bloccava completamente i dati, ma modificava i nomi dei file in modo che risultassero inutilizzabili. Sebbene la crittografia fosse semplice, la natura dell'attacco era sorprendentemente avanti per i tempi, anticipando i metodi che sarebbero diventati comuni decenni dopo. Il messaggio di riscatto era accompagnato da istruzioni su come inviare il pagamento, una caratteristica che si ritrova in quasi tutti i ransomware moderni. Questo attacco rudimentale dimostrò per la prima volta che i dati potevano essere utilizzati come ostaggi per estorcere denaro. Le conseguenze legali e la cattura di Joseph Popp Joseph Popp fu rapidamente identificato come l'autore dell'attacco. Tuttavia, il suo comportamento dopo l'incidente sollevò dubbi sulla sua stabilità mentale. Popp dichiarò di aver agito per motivi altruistici: voleva raccogliere fondi per la ricerca sull'AIDS. Nonostante ciò, le sue azioni furono considerate criminali, e venne arrestato. Tuttavia, a causa di dubbi sulla sua sanità mentale, non fu mai processato formalmente. Popp lasciò un’eredità controversa nella storia della sicurezza informatica. Dopo il caso PC Cyborg, i ricercatori iniziarono a prestare maggiore attenzione alla crittografia e alla protezione dei dati, ponendo le basi per la nascita della moderna cyber-sicurezza. L'evoluzione del ransomware Anche se PC Cyborg rappresentò un caso isolato, gettò le basi per una nuova era di attacchi informatici. Per molti anni il ransomware rimase dormiente, ma con la diffusione di Internet negli anni 2000, le tecniche si evolsero. Gli hacker iniziarono a utilizzare metodi di crittografia avanzati e a sfruttare le criptovalute per rendere più difficili le indagini e i pagamenti dei riscatti. Oggi il ransomware è uno degli strumenti più potenti a disposizione dei criminali informatici, capace di paralizzare non solo singoli computer, ma intere infrastrutture. Gli attacchi moderni, come WannaCry e REvil, sono versioni evolute di quell'idea originaria introdotta da Joseph Popp, dimostrando quanto il primo ransomware abbia segnato una svolta nella storia dell’informatica. Il caso PC Cyborg del 1989 rappresenta una pietra miliare nella storia della criminalità informatica. Sebbene primitivo, fu il primo esempio di ransomware, un concetto che avrebbe guadagnato sempre più rilevanza nel corso dei decenni successivi. Questa storia ci ricorda quanto sia importante investire in sicurezza informatica e quanto sia fondamentale educare gli utenti a riconoscere e prevenire minacce di questo tipo. Oggi, come allora, la lezione rimane la stessa: la conoscenza è la prima linea di difesa contro gli attacchi informatici.
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